Nella Bolla di canonizzazione di S. Ubaldo, Papa Celestino III invitava gli Eugubini ha celebrare la festività del loro Patrono “hilariter”, cioè con allegrezza. Tale avverbio non è stato ritrovato in nessun’altra Bolla Papale; il che significa che già esisteva in Gubbio questo tono allegro e di giubilo tra il popolo, forse in ricordo dello scampato pericolo quando la città fu risparmiata dalla distruzione o quando sorse un’atmosfera di pace e di amicizia negli anni successivi alla morte del Santo. I suoi
prodigi e miracoli avevano dato serenità e gioia al popolo eugubino. Il primo documento della “Festa di S. Ubaldo” (così si chiamava nel Medio Evo la “Festa dei Ceri”) è contenuto nello Statutum Eugubii del 1338. I Capitani dell’Arte dei Muratori, dei Merciari e degli Asinari erano tenuti, nel pomeriggio del 15 Maggio, a convocare i propri lavoranti nella Piazza del Mercato (platea mercatalis). Una volta raccolti, tutt’insieme dovevano andare per le vie della città e infine salire fino alla chiesa di S. Ubaldo portando iubilantes et gaudentes tre Cereos Magnos. Nei riferimenti successivi contenuti nei Brevi dell’Arte dei Petraioli (1584) e dei Merciari (1540) sono insufficienti a ricostruire la festa nei dettagli. Agli inizi del Seicento riappare il vecchio spirito di un tempo: “…quegli antichi Cerei, quelle alte e pesanti piramidi che da tanti huomini forsuti sono portate con allegrezza immensa per la città…”. La festa ebbe momenti di esaltazione, ma anche momenti di crisi. Uno di questi avvenne nel 1799. L’occupazione della città da parte delle truppe francesi fu accolta con ostilità dalla popolazione. Gli occupanti abolirono l’Università dei Muratori, la Congregazione dei Merciari e le loro “funzioni”. Fra queste la Festa dei Ceri. Mentre i Muratori e i contadini sfidarono la legge, i Merciari si rifiutarono di portare il Cero di San Giorgio; i Fabbri e i Falegnami coraggiosamente si sostituirono ad essi, evitando così l’interruzione della nobilissima tradizione. Nella seconda metà dell’Ottocento, quando si diffuse anche in Italia lo studio del folklore, la stampa si occupò più da vicino del “tradizioni popolari” e attraverso i numerosi periodici furono divulgate delle immagini. I Ceri di Gubbio comparvero su “L’Illustrazione Italiana”, “La Tribuna Illustrata”, “La Domenica del Corriere”, ecc… In questo periodo l’Amministrazione comunale capì l’importanza della festa e, in un decennio, furono rifatti ex novo i tre Ceri (Sant’Ubaldo nel 1883, San Giorgio nel 1888, Sant’Antonio nel 1893). Nel 1891 l’Amministrazione affidò all’Università dei Muratori e Scalpellini l’incarico di “gestire” la festa; nel 1900 la Statua di S. Ubaldo sostituì l’antico Gonfalone che per secoli era stato portato processionalmente dai religiosi, prima della grande corsa pomeridiana. All’inizio del secolo, dopo l’affannosa mostra, i Ceri furono sollevati da terra in via Savelli della Porta, e appoggiati su artistici basamenti. Nel 1904 i Ceraioli, per distinguere più facilmente il gruppo di appartenenza, si cingevano il collo con fazzoletti di color giallo, azzurro e rosso. Ma il cambiamento più radicale avvenne nel 1908 o ’09. Dopo secoli di divisioni i tre Ceri furono innalzati tutti e tre insieme in prossimità della chiesa di San Pietro; le tavole ceraiole rimasero ancora separate per diversi anni, sparse nei vari quartieri della città. Burrascoso fu il triennio 1920-22 quando si intensificò la lotta politica tra le frange più estremiste: anarchici e fascisti. L’avvento del fascismo riportò l’ordine; il regime esaltò la Festa dei Ceri, perché espressione della forza, del coraggio dell’antiche stirpe Eugubina. Nel 1928, in occasione del raduno dei costumi a Venezia, comparvero le prime camice gialle, azzurre e nere. Dieci anni dopo, per volontà del Potestà e della “Pro Gubbio”, l’alzata venne spostata nell’incantevole scenario di Piazza Grande. Dopo la tragica Seconda Guerra Mondiale, si costituì il “Comitato Ceri”, che nel 1950 si trasformò in “Associazione Maggio Eugubino”. Questa prestò particolare attenzione alla festa e svolse un’intensa azione per farla conoscere in Italia e all’estero. Gubbio ora è sempre più apprezzata per le sue bellezze architettoniche, per i suoi angoli suggestivi e in particolare per le sue splendide tradizioni popolari.