31 ottobre 2013

Tartufo, di Gubbio

La ricerca
In Italia è sempre possibile raccogliere tartufi, salvo il periodo di fine aprile. Tradizionalmente la raccolta era compiuta impiegando un maialino. Il problema di tale metodo è che il maiale è ghiotto di tartufi ed occorre trattenerlo per impedirgli di mangiare il ritrovato. 

Al giorno d'oggi la ricerca del tartufo avviene con l’ausilio del cane che, scandagliando il terreno del bosco in cerca dell’aroma del tubero, guida il cercatore di tartufi. 
Non esiste un unico "cane da tartufo": sono indicati cani di razza pura quali il Lagotto Romagnolo, il Bracco, lo Spinone, il Cocker, il Setter, il Pointer, il Fox-Terrier e ci sono, poi, le razze incrociate quale, ad esempio, l’incrocio Fox Volpino, ottimo per la spiccata dote olfattiva, e il Bracco Pointer, speciale per la "cerca" e molto resistente alla fatica.
Un buon cane da tartufo deve avere, oltre ad un buon olfatto, un torace ampio e ben sviluppato e un pelo fitto e duro. È preferibile una corporatura media che lo agevoli nel superare gli ostacoli del bosco. Inoltre un cane da tartufo è docile, ubbidiente, resistente e tranquillo.
Fondamentale è l’addestramento che deve essere fatto da una persona preparata dato che per il cane la ricerca del tartufo non è istintiva. Dopo questa fase, che di solito inizia fra il quinto e il settimo mese di età, il cane è pronto a guidare il cercatore nel bosco, tuttavia la perfezione viene raggiunta solo verso il terzo o quarto anno. Per addestrare un cane da tartufi si deve procedere con pazienza e con delicatezza e fermezza allo stesso tempo.
Per la ricerca dei tartufi non basta però avere un cane ben addestrato. Il “tartufaio” deve avere tecnica, esperienza, costanza, passione e buone gambe. Si comincia all’alba di una giornata di sole oppure in una notte nebbiosa di novembre alla luce di una lampada elettrica a pila, alla conquista delle preziose trifole su sentieri tortuosi e incerti, in mezzo alla boscaglia e all’umidità.
La cosa indispensabile è poi conoscere l'ubicazione delle pasture o tartufaie, cioè degli appezzamenti di terreno che producono i tartufi. Ciò non è molto facile o comunque richiede molto tempo e tanti chilometri di cammino, in quanto esse sono tenute gelosamente segrete da chi ne è a conoscenza per evitare la concorrenza nella raccolta del prezioso tubero.
Se si ha la fortuna di essere iniziati alla ricerca del tartufo da una persona a noi vicina, ad esempio un padre o un fratello, si è già sulla buona strada perché buona parte delle esperienze acquisite sul campo dal vecchio cavatore, passano direttamente all'allievo, permettendogli di svolgere questa attività con scaltrezza e metodo. Negli ultimi anni c'e stata infatti una proliferazione di pseudo-tartufai, causata dal richiamo gastronomico e soprattutto economico del tartufo, e purtroppo spesso ci si trova di fronte a persone che non si preoccupano di tutelare l'ambiente e di salvaguardare le pasture. Il vecchio ed esperto tartufaio, invece, sa attuare benissimo quei pochi indispensabili accorgimenti alla conservazione della pastura: occorre chiudere sempre la forata per evitare che i preziosi filamenti del micelio (il vero e proprio organo vegetativo del tartufo), rimanendo esposti all'aria, si secchino irrimediabilmente e non producano più nulla.